lunedì 7 dicembre 2015

ISAAK: Sermonize (Review)

STONER METAL
Molte, forse troppe cose da dire su uno degli album più importanti e attesi in ambito underground italiano di questo 2015. Possiamo iniziare dicendo che si tratta a tutti gli effetti dell'esordio ufficiale con il nuovo moniker, a tre anni di distanza da quel terremoto sonoro rispondente al titolo di The Longer the Beard, The Harder They Sound, ristampato sì da Small Stone a firma Isaak, ma che fu comunque licenziato alla sua uscita come il secondo album dei Gandhi's Gunn. Potremmo continuare dicendo che in questi tre anni la formazione genovese è riuscita a riprendersi da un evento disastroso come il furto della propria strumentazione (anche grazie ad un'ottima campagna di crowdfunding) e che già ad inizio anno ci aveva dimostrato di aver mantenuto il suo ottimo livello compositivo con The Choice, lunghissimo pezzo contenuto nello split con i Mos Generator. Per poi chiudere dicendo che questo è anche l'ultimo album che vede al basso Massimo "Maso" Perasso (sostituito da Gabriele Carta) e che riesce a superare tutte le aspettative che potevamo nutrire su questo nuovo capitolo.
Basta far passare i due minuti scarsi dell'intro Whore Horse per tornare a godere del caratteristico sound "muscolare" della band, prima con The Peak e poi con l'eccellente Fountainhead, la cui combinazione voce/chitarre/ritmiche riesce a donargli un'intensità tale da renderlo il perfetto cavallo di battaglia per la formazione ligure (quanto è godurioso l'assolo che parte dividendo a metà la parte centrale cadenzata del brano?). Da questo punto in poi gli Isaak dimostrano di aver lavorato nel perfezionare ulteriormente tutte le qualità del suo predecessore, che si tratti degli improvvisi cambi a rischio rottura di collo di Soar, della potenza sonica sprigionata da un pezzo come Showdown o della semplice bellezza insita in Lesson n.1, dominata da una perfetta fusione a livello strumentale tra Kyuss e QotSA e con delle parti vocali da brividi. I nostri si concedono anche il divertissement di coverizzare Yeah (ehehehe) degli appena menzionati Kyuss e, ancora meglio, Lucifer's Road dei White Ash, storica formazione dell'underground genovese, realizzandone una versione che si qualifica indubbiamente come uno dei migliori momenti dell'album. Presente anche una versione potenziata della coinvolgentissima The Frown (pezzo originariamente destinato ai contributori della raccolta fondi) e, dulcis in fundo, la spiazzante title track, una ballata in cui i genovesi dimostrano di essere a proprio agio anche con atmosfere più soft, senza sacrificare nulla sul versante qualitativo e che chiude perfettamente il disco.
Menzione d'onore anche per la bellissima copertina ad opera di Richey Beckett, perfetto complemento per un album impeccabile, che non ha nulla da invidiare come intensità a mostri sacri come Clutch e Torche. Chapeau.


TRACKLIST
  1. Whore Horse
  2. The Peak
  3. Fountainhead
  4. Almonds & Glasses
  5. Soar
  6. Showdown
  7. Yeah (Kyuss)
  8. Lucifer's Road (White Ash)
  9. Lesson N.1
  10. The Frown Reloaded
  11. The Phil's Theorem
  12. Sermonize
INFO
ANNO: 2015
LABEL: Heavy Psych Sounds/Small Stone Records
WEB: Facebook


ISAAK: FOUNTAINHEAD
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