lunedì 8 ottobre 2012

WITCH MOUNTAIN: Cauldron Of The Wild

STONER - DOOM - METAL
Incredibile, emozionante, inquietante, coinvolgente ed oscuro allo stesso tempo.
Potrei finire qui la mia recensione su Cauldron Of The Wild, terzo full-length della band statunitense dei Witch Mountain: serve altro per convincervi della validità di questo disco?
Sei tracce di ciò che indubbiamente si può definire doom metal, ma che irrimediabilmente si sente intriso di una vena seventies, ma quella più settaria e oscura, melma color petrolio viscida e vischiosa. Inevitabile richiamo è quello ai Coven, dove i gorgheggi alla Jinx Dawson sono enfatizzati all'ennesima potenza dalla monumentale abilità lirica di Uta Plotkin, grazie alla quale i pezzi oscuri come pece assumono un carattere allarmante, come di stregoneria nera che piomba senza tregua sulle vite di tutti noi. A far da corollario all'inquietudine della voce amplificata, si aggiunge quella diabolica e ruggente, sporcata di malvagità, come se la Plotkin venisse posseduta da un demone ancestrale.
In questo disco si miscelano in una maniera incredibilmente inusuale quelle opposte sensazioni di già sentito ed inedito, impressione coadiuvata dalla commistione di influenze che i diversi brani denotano e quindi, come si diceva poco sopra, il doom metal più grave e massiccio soprattutto per le prime due tracce The Ballad Of Lanky Rae, forse la più coveniana tra tutte, e Beekeeper, un puro e duro incantesimo lanciato dalla strega dalla cime del proprio monte.
Poi come se niente fosse il doom metal si trasformna in blues, anche se non in quello propriamente detto. Certo, in Shelter troviamo più melodia, atmosfere più languide, ma si tratta solo del canto delle sirene che induce ad avvicinarvi, perché la seconda metà del brano ci ripropone nostalgicamente quella cavalcata che ci lascia intravedere le mani della Dawson atteggiarsi a corna.
Veil Of The Forgotten ci regala la rivelazione di come sarebbe stato se Jinx Dawson avesse cantato su di un pezzo dei Sabbath - risultato da brividi.
La malvagità, però, non può rimanere senza conseguenze, portando prima o poi inevitabilmente alla disperazione, la stessa che troviamo in Aurelia, ovvero quasi in chiusura del disco. Una caduta che pare irrimediabile. Se non fosse per Never Know, un virus che si insinua lento e subdolo all'interno dell'organismo di chi ascolta, corrodendolo piano piano dall'interno, fino allo schianto finale, tonfo del cuore, arresto estatico delle funzioni vitali.
Che dire? Una sola definizione mi viene in mente: un classico dei giorni nostri.


TRACKLIST
  1. The Ballad Of Lanky Rae
  2. Beekeeper
  3. Shelter
  4. Veil Of The Forgotten
  5. Aurelia
  6. Never Know

INFO
ANNO: 2012
WEB: MySpace


WITCH MOUNTAIN - VEIL OF THE FORGOTTEN
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