venerdì 2 dicembre 2011

Fase 3.1: Questo lato dell'Atlantico

Candlemass
L'Europa (i paesi nordici in particolare) diventa la vera “terra promessa” nei primi anni '90, con la “sacra triade” inglese e tutta la scena che gravitava loro intorno. Non si può però parlare di doom senza fare un salto in Svezia nei primissimi anni '80. Qui un estroso bassista di nome Leif Edling, già leader dei Nemesis, fonda nel 1984 i Candlemass. Ispirandosi in egual misura ai Black Sabbath e a certo metallo “epico” di scuola Manilla Road e (ebbene sì) Manowar, gli svedesi hanno scritto almeno due album fondamentali per lo sviluppo musicale e concettuale del genere: “Epicus, Doomicus, Metallicus” e soprattutto “Nightfall”. I riff sono chiaramente di matrice sabbathiana, la voce di Messiah Marcolin (sostituto del primo cantante Johann Lanqquist) è esasperatamente teatrale in pieno stile Ozzy, ma la lentezza e l'emotività delle composizioni sono a modo loro un unicum nel panorama del tempo. Si stava sviluppando il lato più “europeo” del doom, quello più legato a fiumi di lacrime che a scapocciamenti e droghe, per intenderci.
Cathedral

La strada aperta dai Candlemass (e da altri gruppi, vedi ad esempio i Witchfinder General) verrà poi battuta e allargata a dismisura da una delle figure più importanti nella storia della musica estrema: Lee Dorrian. Già cantante e scrittore dei testi di un disco fondamentale come “Scum” (Napalm Death), nel 1989 lasciò la band grind per fondare i Cathedral.
I loro primi lavori, e cioè l'EP “In Memorium”e il full “Forest Of Equilibrium”, sono esempi perfetti di doom metal chiaramente ispirato ai Black Sabbath, ma molto, molto, molto più lento, marcio e fondamentalmente triste. Stiamo parlando dei primi vagiti di una scena che estremizzerà il concetto di “emozioni negative”, avvalendosi anche dell'apporto di altri generi estremi.
Già, gli altri generi estremi. Perché è qui che le cose si complicano ancora di più. L'heavy metal (inteso nel senso più largo del termine) era già esploso da parecchio, si parlava già di death metal, di black metal e di altre putredini che tanto facevano storcere il naso ai puristi e alla critica. In fondo, la lezione era sempre quella dei Black Sabbath, solamente rielaborata con tutti e due gli occhi ad altre influenze: hardcore, grindcore, in genere tutto ciò che suonasse veloce e incazzato. Band come Entombed e Morbid Angel (per dare un'occhiata ad entrambi i lati dell'oceano) avevano però già mostrato come fosse possibile contaminare l'ultraviolenza con l'ultralentezza, creando alcuni manifesti sonori di importanza capitale anche per il doom: si dia un ascolto, ad esempio, alla canzone “Left Hand Path”, tratta dall'omonimo esordio degli Entombed. Gli stessi Cathedral, in fondo, nascevano per volontà di un ex grinder.

L'incontro/scontro di queste due sensibilità non poteva che portare ad un'esplosione. E infatti così fu.
Citare tutti i gruppi che nacquero in questo periodo e contribuirono in qualche modo allo sviluppo del genere è impresa improba. Ci limitiamo a fare qualche nome sparso, per poi soffermarci su quelli che sono i più importanti.

Innanzitutto, i fondamentali e sottovalutatissimi Thergothon, inglesi dediti anima e corpo al culto di Lovecraft, autori nel 1990 (!!!) di un demo (“Fhtagn-nagh Yog-Sothoth”) che si può a ben diritto considerare il primo lavoro funeral doom della storia. Suoni da oltretomba, voce da far invidia a Chtulhu in persona, un riffing che è una riproposizione rallentata dei pezzi più lenti dei Black Sabbath. ? il primo passo deciso verso l'estremizzazione di un'idea che già per conto suo nasce ai limiti della sostenibilità. Già che siamo in tema, vale la pena citare un'altra band seminale per nascita e sviluppo del funeral doom, i norvegesi (guarda un po') Funeral.


Influenzati in egual misura dal death metal e dai Black Sabbath sono gli australiani (ci passerete la piccola licenza geografica, dato che li abbiamo inseriti nella sezione europea) diSEMBOWELMENT, che nel 1993 uscirono su Relapse con il misconosciuto “Transcendence Into The Peripheral”, lavoro allucinante nel suo continuo alternare blastbeat e riffoni death metal a rallentamenti ai limiti del funeral.

Anathema
E così siamo arrivati a parlare delle influenze death metal. Influenze che risultano evidenti in tutti e tre i componenti della cosiddetta “sacra triade” del doom inglese: Paradise Lost, Anathema e My Dying Bride. I primi, soprattutto nei due capolavori “Lost Paradise” e “Gothic”, si dividono equamente tra momenti di puro death svedese e inserti più sperimentali (come le tanto temute voci femminili di Celtic Frost-iana memoria); col tempo hanno abbandonato il genere per tributare i “numi tutelari nascosti” della scena inglese, i Depeche Mode. Gli Anathema, prendendo le mosse da un death/doom a volte ai confini col funeral (“Serenades”, “Pentecost III”), hanno poi sviluppato un percorso personalissimo, passando da un capolavoro di “astrattismo pesante” come “The Silent Enigma” arrivando su lidi quasi postrock (“A Natural Disaster”). I My Dying Bride, paradossalmente i più “tradizionali” dei tre ma anche i più colti, hanno invece sviluppato un loro suono, portandolo avanti per nove dischi (e un'infinita serie di EP e mini), arricchendolo e approfondendolo in parallelo con una ricerca lirica mai banale.

A fianco della “sacra triade” vale la pena di citare un altro paio di nomi che poi prenderanno strade decisamente distanti dal doom: Tiamat e Katatonia, i quali pur muovendosi al di fuori del genere ne sono stati grandemente influenzati, soprattutto a inizio carriera.

La ricerca melodica, compositiva e concettuale portata avanti dalla di cui sopra triade fu una vera e propria rivoluzione, l'ennesima in un genere che viene a torto considerato statico. C'è da dire che sono poche le band che hanno proposto una credibile riproposizione di certe tematiche (il binomio amore/morte, sentimenti negativi di qualsivoglia genere) senza scadere nel pacchiano o nel ridondante. Tra queste vale la pena citare i Saturnus, forse LA migliore band nata sulla scia dei My Dying Bride, i The Third And The Mortal (autori dello splendido “Tears Laid In Earth”), i primissimi The Gathering, i meravigliosi (e americanissimi!) Morgion e i norvegesi In The Woods.... Menzioniamo di passaggio, e solo per consigliarvi di starne alla larga, quella pletora di band che si sono fatte classificare sotto l'etichetta “gothic”, e che altro non suonano se non un terrificante heavy metal strapieno di tastiere e giocato sull'alternanza “growl maschile/voce femminile”: Theatre Of Tragedy, Tristania, The Sins Of Thy Beloved e chissà quante altre che ci fa piacere dimenticare.
C'è poi una vasta fetta di doom band europee che pone meno l'accento sulla melodia e sulla teatralità per concentrarsi sulla ricerca dell'estremamente lento, sulla scia di quanto fatto da Cathedral e Thergothon. Il funeral doom, così viene chiamato lo stile, è probabilmente il sottogenere più interessante di tutta la scena europea, vuoi perché il più aperto a influenze “intelligenti” (dark ambient, black metal, folk, musica classica), vuoi perché meno interessato alla forma e più alla sostanza, vuoi perché tematicamente più vario. Citeremo solo alcuni dei nomi più importanti, col rischio ben calcolato di dimenticare qualcuno di fondamentale.
Tra i pionieri del genere sono i finlandesi Skepticism. Suoni pessimi, canzoni lente ai limiti del non-ritmo, il costante uso di un organo da chiesa a caratterizzare i loro dischi. Matti e compagni hanno messo in musica la depressione pura, senza compromessi e senza suonare in alcun modo falsi o forzati. Tre dischi (“Stormcrowfleet”, “Lead And Aether”, “Farmakon”) legati a tre EP apripista, e nessuno di questo va trascurato.
Tutto ciò che è funeral si rifà in un modo o nell'altro ai Thergothon, e gli americani (già, ancora una piccola licenza...) Evoken non lo nascondono, dal momento che prendono il nome da una canzone del primo demo degli inglesi. Oscuri, marcissimi, non disdegnano puntate nel death metal, un po' in stile diSEMBOWELMENT. “The Antithesis Of Light” è un ascolto obbligato.
Decisamente più particolari (e qui torniamo in Finlandia) gli Unholy, autori di almeno un disco irrinunciabile, quel “Rapture” che racchiude talmente tante influenze e talmente tanti, beh, colori da essere stato etichettato da più parti come “avantgarde doom”. Se il genere dovesse interessare (prendete una base di doom estremo e aggiungeteci psichedelia, folk e un po' di roba brutale), da provare anche gli Aarni e gli Umbra Nihil.
Tornando su lidi più strettamente funeral, vale la pena citare i pesantissimi Shape Of Despair, i francesi Monolithe, gli australiani Mournful Congregation, i folli Bethlehem, i Pantheist (“O Solitude”) e tutti i progetti del musicista olandese Stijn van Cauter. Uno dei più prolifici rappresentanti della scena europea, Stijn ha sempre posto l'accento sulla commistione tra doom estremo e musica ambient, spesso mettendo in secondo piano le chitarre a favore di tastiere e synth. Vale la pena ascoltare in particolare il suo progetto Until Death Overtakes Me. La musica di Van Cauter è la dimostrazione che il doom non è un genere chiuso e stagnante, e che chi lo suona ha le sue radici tanto nell'heavy metal tradizionale quanto in generi più “di nicchia”, sia essa la dark wave, l'ambient di scuola Cold Meat, l'industrial o addirittura la musica classica.
Parlando di dark ambient e di altre influenze esterne, una piccola menzione a tutte quelle band che contaminano il suono doom con il black metal, tanto da risultare spesso “più di là che di qua”: gli italiani Forgotten Tomb, i Dolorian, la one man band Nortt.

Chiudiamo questo capitolo dedicato all'Europa (sulla quale torneremo successivamente) citando due nomi fondamentali, artisticamente superiori e ottimi per introdurre il capitolo sull'America.Innanzitutto, gli inglesi Esoteric. Probabilmente LA band di doom estremo più artisticamente interessante che sia mai uscita dal vecchio continente. Autori di quattro dischi, su una base chiaramente riconducibile al funeral costruiscono affreschi “cosmici” di rara intensità e bellezza, legati a visioni che di terreno hanno ben poco. In comune con molte band americane hanno la passione per le droghe e per gli stati alterati di coscienza. I loro dischi sono esperienze psichedeliche nel senso più puro del termine.
Electric Wizard

Restiamo in Inghilterra, per citare la band che più di ogni altra ha fatto da ponte tra vecchio e nuovo, tra Europa e America, tra l'attitudine caciarona dello stoner e quella più sognante del doom europeo. Stiamo parlando degli Electric Wizard,band fondata nel 1993 da Tim Bagshaw e Mark Greening con l'ausilio del cantante/chitarrista Jus Oborn. Il loro stile, che nel primo omonimo disco era chiaramente riconducibile ai Black Sabbath, incorpora via via elementi di psichedelia pesante, sludge, stoner e doom europeo, accompagnando il tutto con testi programmatici ispirati in egual misura a Lovecraft, a visioni da LSD e alle storiche riviste di SF come “Weird Tales”. Non c'è band migliore per spiegare dove si incontrino Europa e America, come dimostra anche il progetto parallelo Teeth Of Lions Rule The Divine che vede coinvolti il nuovo batterista Justin Greaves (ex Iron Monkey), Lee Dorrian, Greg Anderson (di cui avremo occasione di parlare tra poco) e Stephen O'Malley (idem con patate).
E allora, che America sia...
Fonte : Panopticon






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